sabato 27 gennaio 2018

De-cima-to (di rapa)

    Oggi, come spesso accade il sabato, mio marito è andato presto al mercato e ha preso il pesce per fare un risotto ai frutti di mare. Con tutta calma ha fatto il brodo di pesce, un fumetto, un intingolo con cozze, calamari, canocchie, seppie, gamberi, il tutto mentre mio padre se ne rimane nella sua stanza, ignorando il mondo intorno.
 
     So che a lui non piace il pesce, o meglio non gli piaceva quando era lucido e presente; ora mette anche il pesce nella lista in cui sta tutto ciò che non è cima di rapa. Ad ogni buon conto, quando il risotto è quasi pronto e la sua pasta con le cime di rapa pure, lo chiamo in camera e lui naturalmente deve andare in bagno. Comincio a servire il nostro risotto e lui arriva, guarda nei piatti e con aria tra il contrariato, lo schifato e lo sgodevole dice:

"Ah, a me non mettere niente; non ho fame".

A quel punto faccio fatica a tenere i nervi a posto, vuoi per la malagrazia con cui comunica, vuoi per le mie anche doloranti, vuoi perché da mesi ormai io cucino a parte per lui e so benissimo cosa non mangia, ma non se ne dà per inteso. Almeno, nel giorno della memoria, si ricordasse ciò che mangiava nel campo di prigionia... ma no, lui no, deve far la vittima, si atteggia oggi a deportato a cui viene propinato a tradimento un misero e abominevole risotto ai frutti di mare o un piatto di gnocchi al ragù o di polenta con salsicce o un gattò di patate o uno sformato di ricotta al posto di un agognato tozzo di pane duro e due patate lesse, o piuttosto cime di rapa.
Cime di rapa quando va bene. Sennò stizzito non mangia affatto.
So che non lo fa apposta, conto fino a dieci e sto zitta. Perché se lo facesse anche apposta, giuro, lo attaccherei al muro.

#vitacolpadre99


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